Api, se scompaiono loro ci estinguiamo tutti

Ci siamo preoccupati moltissimo della scomparsa delle api, e ne siamo ancora molto preoccupati. E’ facile capire l’entità del problema visto che gli alveari degli allevamenti sono costantemente monitorati. Ci stavamo, però quasi per dimenticare degli altri insetti impollinatori: tra cui api, farfalle, vespe, coleotteri etc. Dico quasi perché, il mondo della ricerca non ha mai smesso di preoccuparsene. Recentemente è stato compiuto il primo studio su scala mondiale proprio su questi ultimi. L’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES), il 26 febbraio ha emesso il suo primo report dedicato appunto al declino della biodiversità degli insetti impollinatori. Il titolo del report parla chiaro “il nostro cibo dipende dagli insetti impollinatori che sono sotto minaccia” quindi non solo le api domestiche, ma tutti gli insetti così detti utili. All’Ipbs partecipano 124 membri di governi che collaborano con più di 1000 scienziati di tutto il mondo. In sintesi ecco i risultati: esistono 20.000 specie diverse di insetti impollinatori selvatici, il 90% dei fiori selvatici dipendono da questi insetti, il 75% della produzione alimentare dipende dagli insetti impollinatori (non solo le api domestiche) il cui valore ammonta a 577 miliardi di dollari, di questi insetti il 16% è a rischio di estinzione, il 40% tra api e farfalle selvatiche sono a maggior rischio di estinzione.

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Vino: quello naturale è senza additivi, ma bisogna abituare il palato

Di recente ho finalmente avuto il piacere di fare una chiacchierata con Lorenzo de Grassi, organizzatore della seconda edizione di Live Wine, un evento sui vini naturali che si terrà dal 5 al 7 marzo al Palazzo del Ghiaccio di Milano. Ci siamo trovati a parlare di un altro vino, quello naturale, che non consente prodotti di sintesi durante la produzione in campo e che non prevede nessuna aggiunta di additivi durante la produzione. L’unico additivo accettato è l’anidride solforosa, di cui viene richiesta la quantità in etichetta.

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Questi viticoltori hanno quindi deciso di allontanarsi da una logica produttiva che tende a standardizzare e omologare. Hanno abbracciato un’idea libera, contrapposta al mondo del consumo da scaffale, per abbracciare un’idea di vino e un modo di coltivare la terra che diventa olistico, etico e che richiede un rischio maggiore anche sulla scommessa del gusto del prodotto finale. Una produzione viticola dove si lascia realizzare una fermentazione spontanea, senza aggiunta di lieviti selezionati, infatti può portare delle sorprese donando un gusto imprevisto al vino. Un rischio che però i viticoltori naturali sono disposti a correre.

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Quale agricoltura ci Nutrirà? incontro pubblico 1 luglio – sede WWF Lombardia

Il WWF organizza un ciclo di incontri presso la nuova sede alle ex Serre di via Tommaso da Cazzaniga (interno dei giardini comunali; metro 2, Moscova). 

MARTEDÌ 1 LUGLIO 

h 18.30 

Presentazione del libro 

“Il libro nero dell’Agricoltura” 

(Ed. Ponte alle Grazie, 2012) 

CON L’AUTORE 

DAVIDE CICCARESE 

(ASSOCIAZIONE NOSTRALE) 

Quale agricoltura ci nutrirà? 

Un importante interrogativo, soprattutto in questo momento in cui la nostra città si avvicina a Expo. L’agricoltura deve essere ripensata per soddisfare i bisogni di una popolazione mondiale in crescita e diventare allo stesso tempo uno strumento di riscatto sociale ed economico, nel rispetto dell’ambiente. 

L’evento è organizzato da WWF Lombardia e Associazione Nostrale

(ingresso libero) 

Info: WWF Lombardia 02/831331 lombardia@wwf.it; www.wwf.it/lombardia 

WWF Italia ONG ONLUS

Via Tommaso da Cazzaniga snc

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INTERVISTA SU FIERAGRICOLA VERONA

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“I nostri agricoltori fanno già fatica ad adattarsi alle trasformazioni climatiche – racconta a Fieragricola Post Davide Ciccareseagronomoimpegnato nello studio delle evoluzioni del primario -. Si registrano, in particolare, problemi sulle colture orticole, con anticipi sulle produzioni causate dall’aumento delle temperature e ritardi dovuti alle forti piogge. Il cambiamento più grande, in futuro, dovrà quindi riguardare la tipologia delle coltivazioni in campo”.

http://www.fieragricola.it/it/agricoltura_i_cambiamenti_climatici_dettano_lagenda_del_prim

Articolo su: Il mostro in tavola

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Oggigiorno viviamo in un vero e proprio paradosso alimentare: nessuno infatti conosce davvero gli ingredienti di ciò che mangia; il consumatore non riesce a venire a capo della verità nella babele del cibo. Questo è il punto di partenza de Il mostro in tavola, l’inchiesta, di Davide Ciccarese, che svela i pericoli contenuti nel cibo che mangiamo. Ciccarese cerca di fare luce nel mercato dei prodotti alimentari criminali che è in continua evoluzione e dove l’unica arma che il consumatore possiede per difendersi è quella di diventare più consapevole. I temi trattati sono numerosi: l’agropirateria, il falso made in Italy, dalle verdure che non marciscono mai allo zafferano colorato, i pesticidi e la carne alla diossina, dallo zucchero di sintesi alle mozzarelle blu, il pesce al mercurio, i vini con i solfiti, dai grassi vegetali idrogenati ai tantissimi conservanti, fino alle scadenze fittizie.
Vegolosi.it – Leggi su: http://www.vegolosi.it/libri/il-mostro-tavola-linchiesta-che-svela-pericoli-contenuti-nel-cibo-che-mangiamo/

 

NUOVO ARTICOLO SU VIAGGI DI GUSTO: VERSO UN FUTURO SMART

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La fao ha dichiarato che il 60% della nostra alimentazione nel mondo, secondo la FAO è basata esclusivamente su 5 coltivazioni: riso, mais, frumento, sorgo, miglio.
Il modo in cui ci siamo alimentati ha portato a diversi risultati. Il 70% dei paesi sviluppati importano cibo. In 50 anni si è passati da 6000 coltivazioni alle attuali 200. Il 70% delle terre agricole sono utilizzate solo per la carne. Il 25% del pesce pescato ovvero 140.5 milioni di tonnellate, viene utilizzato per alimentare gli stock ittici di pesce in alevamento secondo i dati FAO. Il 50% del pesce di cui ci alimentiamo è allevto e non più pescato. In qualche modo un sistema di questo tipo che ha semplificato e concentrato le risorse ha esposto le aziende agricole ad una forte pressione mettendole sempre di più a rischio di un mercato poco

Leggi l’intero articolo qui:

http://issuu.com/vdgmagazine/docs/vdg_dicembre_2013/24

Tutela del territorio, quanto ci costa un disastro ambientale?

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La Banca mondiale ha stimato i danni ambientali causati dai disastri dovuti al clima. Citando esattamente le dichiarazioni della Banca mondiale: “Weather-related losses and damage have risen from an annual average of about $50 billion in the 1980s to close to $200 billion over the last decade”. Si parla quindi di ben 200 miliardi di dollari solo negli ultimi dieci anni. Le varie stime citate dalla banca mondiale, ci sono i danni fatti dal ciclone che ha devastato Odisha in India dove sono morte più di 10.000 persone causando 4,5 miliardi di danni. Poi l’uragano Tomas che devastò St. Lucia, nel 2010, ha fatto perdere oltre il 43% del Pil dei Caraibi. Nel Corno d’Africa una lunga siccità che si è conclusa nel 2011 ha causato perdite per 12 miliardi di dollari nel solo Kenya. E l’elenco continua.

Il valore tangibile dei danni ambientali si può anche calcolare con una certa dose di cinismo. Quello che non viene ancora calcolato e messo nei bilanci, nei budget prima di costruire o utilizzare il territorio è il valore di ciò che l’ambiente produce: il paesaggio può infatti prevenire i danni ambientali. I danni dei disastri ambientali sono così imputabili al danno stesso ma molte volte i danni potrebbero essere contenuti grazie ad un uso più corretto del territorio, sempre che si riesca a fare uno sforzo d’immaginazione. Quanto vale un bosco rispetto ad un autostrada? Vale di più l’autostrada o il bosco? Quanto contiene una frana un bosco e quanto invece un’autostrada?

continua qui: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/20/tutela-del-territorio-quanto-ci-costa-un-disastro-ambientale/783630/

OGM E BREVETTI, LA CONFUSIONE NON FA BENE ALL’AGRICOLTURA

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di Davide Ciccarese – 18 novembre 2013

L’ultima puntata di Report è forse riuscita a creare un tam-tam mediatico che purtroppo ha avuto molteplici effetti sia positivi che negativi. Prendiamoci ancora un momento per fare una riflessione. La tv, i media e Internet ultimamente parlano molto di semi e di agricoltura, amplificando e rimbalzando le parole che perdono di contenuto, spinti anche dalla sempre più diffusa necessità di sapere cosa mangiamo. Procediamo con ordine e cerchiamo di capire da dove nasce, oggi, l’esigenza di parlare di agricoltura e di semi.

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INTERVISTA SUL PORTALE STAR

E’ una delle figure di riferimento dell’agricoltura sostenibile, e uno dei maggiori esperti italiani di orti urbani, un fenomeno in rapida crescita. Autore di libri per la prestigiosa casa editrice Ponte alle Grazie tra cui Orto Dal balcone al campo, come coltivare gli ortaggi con successo (Ediz. Ponte Alle Grazie),  Davide Ciccarese è anche blogger del Fatto e consulente illustre per chi si occupa di nuove imprese agricole.

 

Da questo osservatorio, chi meglio di te può spiegarci qual è il futuro dell’agricoltura sostenibile in Italia?

Per dirla con parole semplici, la situazione della produzione agricola deve fare i conti in questo momento con due fatti: la prima è che i titolari delle aziende stanno invecchiando, la seconda è che la produzione in Italia non si basa su prodotti locali, che per lo più vengono esportati, ma su materie prima che vengono importate da Paesi spesso lontani. Ci si chiede, legittimamente, fino a che punto questo abbia un senso e se non sia più conveniente, in tutti i sensi, utilizzare i prodotti che crescono vicino a noi, nella nostra terra.

 

Al di là di un posizionamento “filosofico”, quali sono i vantaggi del km 0?

Il km 0 sta cominciando a prendere piede tra i giovani agricoltori anche come opportunità economica: le nuove leve hanno capito che il fatto di “rapportarsi” con il mercato locale non solo è più giusto ma rende di più, per esempio permette di personalizzare il rapporto. Abbiamo una tradizione alimentare molto ricca ed è importante riconoscerla e attingere alle nostre radici. Un’altra caratteristica dei giovani imprenditori agricoli è che sono tutti orientati verso il biologico, o hanno almeno una linea biologica nella loro produzione.

 

 

Il problema è che i prodotti biologici costano di più, un deterrente non da poco in tempi di crisi come questo.

E’ vero, costano un po’ di più, ma sono un investimento sul medio-lungo termine. Per esempio, dato che sono più sani, permettono di risparmiare in medicine, per fare un esempio.

 

A proposito di risparmio, parliamo un po’ degli orti urbani. Quali sono le regole di base per realizzare un orto funzionale e conveniente?

Direi che le regole di base sono piuttosto elementari. Il punto di partenza è la terra e la qualità di questa. In altre parole, bisogna amarla e nutrirla. Importantissimo imparare a compostare: tutto quello che scartiamo nell’orto o avevamo in casa (si parla di scarti organici), va messo in una compostiera e con quella miscela si nutre il terreno. L’ideale sarebbe usare sempre i semi, naturalmente di qualità e possibilmente di varietà locali. Chi non ha tempo o voglia di aspettare può cercare invece nei vivai migliori, privilegiando anche in questo caso la qualità.

 

Puoi spiegare ai neofiti come me quali sono i prodotti che si prestano meglio alla coltivazione in orto?

Agli inesperti consiglierei la verdura da foglia: la lattuga dà grandi soddisfazioni per la velocità con cui cresce (dopo un mese si vedono già le prime foglie). Anche i ravanelli crescono molto rapidamente. In ogni caso, nel mio libro c’è una scheda tecnica per ogni ortaggio, dove indico la velocità e la temperatura minima o massima.

 

Tornando alle sue innumerevoli attività. Tu collabori con il primo ristorante di Milano a filiera corta. Ci spieghi concretamente cosa vuol dire?

Vuol dire che la selezione viene fatta in un arco di non più di sessanta chilometri dal ristorante: soltanto prodotti della Lombardia e di Milano. E poi c’è l’orto vero e proprio, ottanta metri quadrati che gestisco direttamente con lo chef e i cui prodotti utilizziamo nel menù di degustazione della cena: erbe aromatiche (abbiamo un centinaio di piantine) e tutti i fiori commestibili, dal nasturzio al tarassico per arrivare allo squisito fiore di ravanello.

http://www.star.it/intervista/davide-ciccarese-esperto-orti-urbani-e-scrittore/